Cari amici miei,
me compreso, che tutti insieme facciamo parte
di quel mondo che in romanesco viene definito come “ggente” . Nei programmi
radiofonici, dove il giornalista riceve le nostre domande ed offre le sue
risposte, molti di noi non fanno altro che lamentarsi, più o meno giustamente,
della situazione politica. Le lamentele sono,
a volte, di natura personale ed a volte riguardano l’intera comunità della “ggente.
Mediamente le risposte dipendono dal
padrone della fabbrica per la quale lavora il giornalista. E’ evidente che uno
che lavora per una fabbrica di aranciate risponderà sulla base delle sua
esperienza, diversa da quella di uno che lavora per una fabbrica di bomboniere!
Nel senso che è più attendibile una risposta data con lealtà rispetto alle
proprie opinioni, che una risposta data per rientrare nell’accettabilità di un
sentire comune. Quello che io vorrei dire a me stesso ed a tutta l’altra “ggente”
è che, forse, sarebbe necessaria che la lamentela partisse da un cervello che
avesse partecipato sempre alle decisioni comuni.
Il vivere democratico soffre la
possibilità di partecipare alle decisioni comuni. E, forse, qui sta l’errore!
Non dovrebbe essere una possibilità, ma un dovere! Un dovere che, solo ad
esercitarlo, ti offre la possibilità di essere cittadino a tutti gli effetti.
Compresi quelli di protestare e lamentarsi.
Se è vero, come pare che sia vero, che oltre
il 30% di noi, “ggente”, decide che sia inutile andare ad esprimere il proprio
parere politico attraverso il voto, questa enorme, défaillance di volontà è quella che determina l’origine della
lamentela. Andare a votare, e aver votato è l’unica carta di identità valida
per accedere ed aver diritto a tutti quei servizi che sono a disposizione della
totalità della “ggente”. In altre parole, se vuoi farti curare in un ospedale e
lamentarti delle cure ricevute, devi aver votato!
Mi si dirà che votare è un dovere, ma non un obbligo. Io sostengo che ognuno di noi che voglia far
parte della “ggente” deve sentirsi in obbligo ed in dovere di votare.
Ovviamente, per chi gli pare.
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