martedì 22 luglio 2014

Per una nuova politica

Mi pare di ricordare di aver visto una immagine de “La domenica del Corriere” o della “Tribuna Illustrata” che celebravano la nascita del nuovo secolo, il 1900! Sulle figure di dolci fanciulle, per l’epoca, discinte, troneggiava la parola “progresso”. Non c’è dubbio che il secolo scorso sia stato un secolo in cui abbia dominato sovrano il concetto di “progresso”, con straordinari benefici per gran parte dell’umanità, sia sotto il punto di vista sociale che medico sanitario. E non solo! Basta pensare ai mezzi di trasporto, ai progressi della scienza in genere, alla comunicazione … ce ne sono da elencare ancora decine e decine. Una canzone recitava “Il progresso ci ha fatto grandi…”. Ancora oggi, tutto ci parla di progresso, magari con l’aggiunta di un aggettivo, si definisce il progresso come un qualcosa di sostenibile. Sostenibile nel senso che non debba favorire solo  una parte dell’umanità a sfavore ovviamente di un’altra parte, e non debba continuare a mutilare la terra su cui viviamo e vivremo. Non solo ma deve avere un indirizzo socialmente accettabile, direi meglio, laicamente accettabile. Certamente, c’è stato un progresso pagato in termini di vite umane in modo catastrofico perché le cause abiette di guerre e rivoluzioni hanno scatenato e continuano anche oggi a scatenare indicibili carneficine.
Il progresso nell’uso di nuovi mezzi di distruzione fa rischiare la vita all’intera umanità.
Le organizzazioni religiose, pur avendo, nel loro nocciolo, il concetto di  pace tra gli uomini, o non riescono a cogliere e denunciare il centro del problema, o per questioni di interesse non ne parlano, o proprio perché partecipano e fomentano situazioni belliche. Ancora oggi nel clima di una prevalente globalizzazione si promuove il concetto di “progresso” come asse portante di governi che, più o meno democratici, o di industrie, sono impegnati a produrre sia sul loro territorio che a far produrre in altri luoghi, solo allo scopo di un maggior lucro possibile.
Produrre progresso.
Il che vuol dire offrire prodotti ad acquirenti, senza quasi mai intervenire su una verifica dei potenziali di acquisto. Anzi, molto spesso far gravare sugli stessi, oneri spaventosi utilizzandoli per il mantenimento dei propri singoli privilegi,  oppure, in moltissimi casi per impadronirsi di beni naturali e non di altri popoli.
Il risultato di questa corsa, che definirei dissennata, è sotto gli occhi di tutti! Intere popolazioni del pianeta ridotte alla fame, senza acqua, senza una casa e soprattutto senza un futuro! Nel mezzo, miliardi di persone che arrancano al limite della povertà ed in molti casi sono sfruttati nelle produzioni agricole, minerarie ed industriali. Una buona parte riesce a vivere una discreta vita che definirei “borghese”, con buone possibilità di crescita, aperta quest’ultima a tutti coloro che riescono con il proprio ingegno ad arricchire i pochi o ad arricchire loro stessi. Su questa categoria di umani, come una sorta di grande nuvola, vigilano finanzieri più importanti che attraverso le loro strutture lecitamente internazionalizzate, come banche ed altri organismi, hanno il potere di condizionare, guidare e rendere accettabili dogmi mascherati da principi etico-morali di difficile logicità, comprensione e contestazione. Ai margini di questa umanità convivono pochi uomini che con l’aiuto di brillanti intelligenze detengono il vero potere del mondo, nominando o facendo nominare capi di stato, governo, opposizioni a quegli stessi governi, inventando sceneggiature, indirizzando filosofie, scelte economiche e sociali.
Se da un lato chi è colpito da un infarto in un’area civilizzata ha buone possibilità di sopravvivere, e questo è un ottimo risultato, altrettanto ottimo come risultato non lo è per chi muore di sete perché la fonte su cui lui stesso è seduto va a dissetare popoli lontani migliaia di kilometri!
Il nuovo secolo, il 2100, nelle future ed elettroniche immagini di nude (questa volta!) fanciulle, potrebbe portare in luogo della parola “ progresso”  la parola “equità”.
Equità. 
Una nuova politica potrebbe invadere il mondo. Non una utopia. Ma la madre di tutte le utopie! Di tutte quelle speranze di poter vivere in un mondo in cui valga la pena di esserci venuti! Produrre certo,  non per invadere mercati di tutto il mondo ma per soddisfare esigenze primarie di tutte le popolazioni. Produrre per il benessere dell’umanità abolendo quelle strutture o come diceva un vecchio ottocentesco e barbuto, quelle sovrastrutture che gravando sulle spalle di tutti offrono benefici a pochissimi. Raggiungere tutto ciò attraverso una presa di coscienza gradualmente invasiva di ogni essere umano su cui non pesino esclusivamente i bambini morti sotto un idiota bombardamento, ma tutti quegli esseri umani che vivono in quella estrema povertà intellettuale che non li rende capaci di capire l’uguaglianza di ogni essere umano.
I tempi sono maturi. La velocità, la quantità delle informazioni sono elementi determinanti per una maggior coscienza e scienza di se stessi e del mondo in cui viviamo. Di certo i tempi, come è accaduto nel corso della storia possono essere costretti a maturare da inusitate carneficine atomiche, si che i pochi sopravvissuti abbiano la possibilità di cominciare da capo. L’unica speranza che ciò non accada riposa nel fatto che una cosa del genere non crea interessi per nessuno. Anche se i pazzi non mancano, proprio come la storia dimostra.

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